Quando si parla dell’Azienda Zahar si fa riferimento a due persone, Mitja Zahar e Tania Stefani, e ad una storia familiare che perdura da anni.
Le loro vigne crescono sane e vigorose nel Breg, un piccolo angolo di paradiso nella provincia di Trieste, dove tradizione e memoria giocano un ruolo fondamentale nel racconto dei loro vini.
Tutto ha un inizio e un punto di partenza.
Inizialmente, infatti, la famiglia Zahar, nella persona del papà di Mitja, produceva vino e olio per autosostentamento. La cantina ammodernata e accogliente che possiamo visitare oggi, un tempo era una realtà diversa. Nello specifico, era un’attività estremamente tradizionale e tipica del territorio del Carso, ovvero un’osmica.
Ma, di cosa si tratta? Digitando su Google la parola “osmica” si potrà facilmente incappare nella pagina di Wikipedia che traduce il termine come segue:
“locale tipico dell’altopiano del Carso, tra Italia e Slovenia, dove si vendono e si consumano vini e prodotti del luogo direttamente nei locali e nelle cantine dei contadini che li producono”.
Vero, perché questo sono nella sostanza. Quello che non viene specificato è che queste attività ci sono state tramandate dai tempi dell’impero austroungarico e che, ad oggi, sono parte fondamentale della storia di questa zona.
Come racconta Tania, un tempo, quasi tutte le famiglie possedevano appezzamenti lasciati in eredità da generazioni e li utilizzavano per una produzione propria. Era un vero e proprio stile di vita.
Loro stessi hanno portato avanti questa tradizione fino a qualche anno fa. Poi hanno deciso di investire su un progetto più ampio, più complesso, ma nel profondo rispetto delle proprie radici e, soprattutto, del terreno in cui affondano.
Un terroir come quello del Breg merita di essere compreso a fondo e curato con attenzione e gratitudine, ed è la ragione che spinge Tania e Mitja a trattare le proprie vigne con amore e innovazione. Il Breg è un lembo di terra che traccia il confine fra la provincia di Trieste, a nord-est, e la Slovenia, sul cosiddetto costone carsico. Il terreno che la compone è noto come ponca, una mescolanza di marne e arenarie di origine eocenica sedimentate.
Gli ultimi anni hanno segnato un momento di svolta importante per entrambi. Lo studio del sottosuolo e la volontà di produrre vini che siano portavoce di uno stile di vita sano e rievocatori di antichi usi e costumi, li hanno indirizzati verso una produzione che ha completamente rivisto la gestione della parte agronomica della vigna. Partendo dall’eliminazione di tutti i prodotti di sintesi hanno scoperto come coltivare il suolo con la massima sensibilità, utilizzando invece sovesci, micorizie e compost vegetali. L’introduzione a questo approccio è avvenuta a seguito di un incontro fatidico con l’agronomo ed enologo Alessandro Filippi, promotore del metodo Vini di Luce. L’applicazione di questa teoria progressista e un pò romantica legata al biodinamico e fortemente abbracciata dalla famiglia Zahar, porta ad ottenere un terreno equilibrato che garantisce un frutto vivo che rispecchia l’energia del territorio. Il risultato è evidente. Le viti, che si estendono su circa 3 ettari e mezzo di terreno, esprimono tutte le potenzialità di questo luogo.
Il loro impegno è rivolto soprattutto alla coltivazione di uve autoctone come Malvasia, Vitovska, e Refosco. Un’eccezione è il Merlot, che comunque presenta delle caratteristiche uniche. Un’altra uva proveniente da un vitigno storico e che coltivano solo loro nella zona è il Tocai, protagonista dell’uvaggio che da vita a due prodotti particolarissimi: il Sonček e la Sole Granum.
Sonček in sloveno significa “piccolo sole”. Questo vezzeggiativo è stato scelto sia per presentare il vino, che con i suoi eleganti riflessi dorati ricorda l’avvolgente colore caldo della Stella, sia perché rappresenta un termine semplice e facile da pronunciare anche per chi non mastica tanto bene questa lingua.
Il Sonček viene prodotto da un blend di vitovska, malvasia e tocai che coesistono in un vitigno storico di oltre ottant’anni di età. Il primo imbottigliamento risale al 2014, dopo un’estate molto piovosa. Tania e Mitja non erano inizialmente certi del risultato. Hanno vissuto questa annata come una sorta di sfida. A lungo andare, però, si è rivelato un prodotto assolutamente vincente.
Gioca a suo favore, c’è da dire, anche questa combinazione di uve estremamente unica e rara, che colpisce i palati più raffinati e chi, non conoscendo il fascino del territorio, ha il desiderio e la pazienza di capirlo davvero.
Questo vino rilascia una complessa quantità di profumi che si ritrovano in natura, proprio tra le vigne: di fiori di campo e tarassaco, per esempio. Poi colpisce con la sua freschezza e la persistente mineralità, che è l’unica vera traduzione sensoriale di “ponca” che si possa dare quando le parole raggiungono il loro limite. La macerazione è elegante ed esalta le qualità del vino anziché annichilirle.
Il medesimo uvaggio viene utilizzato anche per la realizzazione di un altro prodotto, la Sole Granum, una delle due Italian Grape Ale (IGA) con etichetta Zahar. La collaborazione con il birrificio di montagna artigianale Barbaforte, con sede a Folgaria, nasce da una profonda intesa tra il mastro birraio e Mitja che, fin dal primo assaggio, ha amato la IGA del birrificio prodotta invece da uve marzemino.
Una storia che meriterebbe ancora tanti punto e a capo ma che, per ora, ci lascia in sospeso con un buon calice di vino alla mano e con la soddisfazione di sapere che, in un mondo in cui la produzione di massa troppo spesso prevale, c’è ancora chi lavora la terra con cuore, consapevolezza e passione.
Very Wine Confidential. Very Food Confidential.