LORENZO CARLO BOTTAZZI: Il Self Made Man del Timorasso

Un uomo che ha lasciato il suo lavoro, in giro per il mondo, per ritrovare le radici di famiglia e dedicarsi alla sua grande passione: produrre Vino

Lorenzo Carlo Bottazzi ora vive in una casa nel territorio dei Colli Tortonesi, un edificio facente parte di una delle cinque cascine perimetrali di un borgo costruito nel 1652. Un uomo che ha deciso, dopo anni passati a lavorare all’estero, di ritornare alle origini familiari. Suo nonno, Italo, gli lasciò la proprietà, la più antica e grande azienda (per estensione territoriale) dei Colli Tortonesi.

450 ettari, di cui 70 dedicabili a vigneti. Di questi terreni, spicca un cru, da terreni perfettamente vocati esposti a sud, un’altezza perfetta, da cui ricavare in realtà un gran cru, espressione derivante dai grandi produttori francesi, tra cui la Loira, a cui Lorenzo si ispira per produrre i suoi vini.

In questo articolo potremmo parlare dei numerosissimi premi che Italo, questo Derthona straordinario, sta ottenendo, e ne parleremo, ma prima, sarebbe interessante scoprire qualcosa di più su Lorenzo.

Un uomo che ha iniziato la sua carriera come broker navale laureato in economia, che girato tutto il mondo perché non gli piaceva la campagna ma che con il tempo si è trovato a riscoprire il contrario. Un business man che ha creato una distribuzione di vini e distillati a Singapore, diventata il punto di riferimento degli italiani (ancora esistente e performante ma non più sua).

Dopo questa avventura asiatica, si è spostato in Canada dove ha avviato 2 ristoranti portando per la prima volta a Vancouver la prima vera pizza napoletana, facendo persino causa contro il Governo e vincendola. Ai tempi importava tutte le chicche dall’Italia: i migliori vini, olii, mozzarelle, formaggi ed altro. Per questo progetto, ha vinto il  premio miglior imprenditore Canada 2012.

Cambiando nuovamente rotta, ha venduto  tutto al suo socio operativo, quello che si occupava della gestione del ristorante. In quel periodo una passione stava nascendo: quella per il vino. Si  diploma al  Wine & Spirit Education Trust (WSET),  e poi si iscriverà al Master of Wine passando il livello 1. Questo interesse per la degustazione lo ha portato a tentare anche di capire se era così bravo anche nella produzione. Allora ha provato a buttarsi, lascia il Canada e torna in Italia con un sogno, proprio “il sogno”. Un sogno ispirato da suo nonno Italo, che decise di lasciargli la tenuta, perché in lui vide la passione o quantomeno la voglia di provare. Lorenzo all’epoca si sente così investito da questo carico morale, che torna in Italia, mantenendo però un contratto di fornitura di cinque anni con ristoranti per far partire la Winery con un po’ più di serenità. All’inizio, dovendo creare tutto da sè, trova tutto in salita, si occupa di qualsiasi cosa in prima persona, dal vigneto, alla cantina, al marketing, alle fiere: un one man company

Ha deciso di far rivivere un’azienda fondata 180 anni fa. Nonostante sia una persona che viene  da una buona famiglia, socialmente ben locata, le cose se l’è dovute fare da solo, un po’ come le cose nel resto della sua vita: ha studiato alla Bocconi, si è pagato il master con i propri mezzi, l’azienda navale per cui lavorava gli ha pagato l’MBA per merito. In Lorenzo, parlandogli, si vede un uomo orgoglioso e fiero di quello che ha ottenuto dalla vita.

La decisione di tornare, determinata ma non semplice porta dietro una scommessa: puntare tutto su se stesso e soprattutto sul Timorasso. Assaggiandolo da degustatore quando questo vino non era ancora famoso come adesso, vede la potenzialità di questo vitigno, espressa ma ancora con dei limiti. Allora si è detto: “non penso di essere io quello che esprimerà il Timorasso al 100% ma sicuramente voglio dare un contributo a questo vitigno che ritengo abbia delle qualità meravigliose che se sfruttate bene, ti danno risultati meravigliosi, se sfruttate male ti danno risultati pessimi. Ecco perchè tante volte c’è una dicotomia. C’è chi lo ama e chi lo odia perché tante volte i produttori, che magari non hanno questa grande sensibilità nel capire quali sono le cose da sottolineare, fanno un vino po’ rustico e magari più grezzo”. 

Comincia così nel 2012. Una vendemmia non eclatante. Però quell’occasione serve per fargli capire che il Derthona  va “fatto” soprattutto in vigna e non in cantina, dove deve esserci pochissima sofisticazione. Nel 2016 finalmente viene prodotta una vendemmia che ha le qualità desiderate, che nel 2018 appena pronta va sul mercato.

E il mondo, gli ha dato ragione.

Un vino pulito, riconoscibile alla cieca, con una potenza infinita. in 2 anni questo vino viene commercializzato in 8 mercati nel mondo. Il progetto che voleva dimostrare Terroir, vitigno, interpretazione di Lorenzo Bottazzi, sta avendo il suo successo.

Il suo Italo, vince numerosissimi premi, l’ultimo il Wine Prague Trophy 2022 (miglior bianco commercializzato in Europa) che Lorenzo andrà a ritirare a Marzo 2023. Negli Stati Uniti i suoi Monterosso 2018 e Italo 2016 hanno conquistato rispettivamente 91 e 92 punti Parker.

Al momento, la produzione si attesta a 30.000 bottiglie, con il progetto di arrivare a 50.000. Gli ettari vitati sono 7, l’ottavo è in fase di piantagione e il nono e decimo, lo saranno l’anno prossimo. Vengono prodotti 3 differenti vini da uve Timorasso: Il piccolo Derthona (con l’aiuto della consulenza enologica di Marco Santarelli, fondatore di Vinovi), il Monterosso (cru di Derthona) ed Italo (Gran Cru di Derthona).

Parlando del suo stile produttivo, Lorenzo dichiara di voler creare un vino austero e spigoloso all’inizio, che però, dopo gli anni in bottiglia, con la potenza che ne deriva dalla fermentazione delle bucce, ne garantisce una grandissima lunghezza ed eleganza. Ne risulta un Timorasso “francese”  vino che naso rammenta i grandi riesling renani della Germania, ma al palato ricorda uno Chenin Blanc della Loira. Infatti è proprio a Nicolas Joly, padre della biodinamica in Savennières ed al suo Coulée de Serrant che si ispira e lo ricorda tantissimo.

Erasmo da Rottherdam diceva: il vino è il riflesso della mente.

Come i grandi bordeaux torna indietro, non è frontale. Estremamente terziario e complesso, un vino da meditazione, da grande occasione. 

Al naso sentori di pietra focaia, alga marina del whisky, idrocarburo fine, camomilla e caramello bruciato.

In bocca, il tannino preso dalle bucce inizialmente amaro è un elemento contrastante che nell’affinamento si ammansisce, diventa rotondo e dà lunghezza. Sapido e  minerale. 

Lorenzo Bottazzi: un Self made man che produce un sogno.

Very Wine Confidential. Very Food Confidential.

Sara Grosso
Ho studiato Ingegneria Gestionale e lavoro in ambito bancario, ma la mia grande passione per il vino mi ha portato a diplomarmi nel 2013 come Sommelier e ad approfondire sempre più questo bellissimo mondo diventando Wine Informer. Curiosa per natura, adoro leggere e sono autrice di un podcast intitolato “Storie di Coraggio”, dove parlo di libri che mi hanno lasciato il segno. Quando leggo, mi fa sempre compagnia un buon calice di vino, così ho pensato di proporre nei miei canali social, un pairing diverso dal solito, abbinando ad ogni libro il perfetto vino.

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