L’azienda della famiglia Radikon si trova a Oslavia, esattamente nel punto in cui l’Italia e la Slovenia si incontrano. Qui, lavorano la terra e le viti con cura e rispetto, trasmettendo una tradizione familiare che perdura da anni
Raggiungere la cantina è già di per sé un’esperienza bellissima.
Il percorso che si articola tra le vigne è stato battezzato “la strada del vino”, proprio perché si snoda lungo i vigneti mettendo in contatto natura e storia.
Il casale, adesso in fase di ampliamento, si trova proprio in cima ad una collina, nella località Tre Buchi a Gorizia. Qui il paesaggio toglie il respiro: ampio, vasto, un’eco della storia di questo territorio che ha ospitato la Grande Guerra e ne porta ancora le cicatrici.
Proprio in quest’area e nei suoi dintorni, tra il 1914 e il 1918, si trovava il fronte tra l’Italia e l’Impero austroungarico. Tutta questa zona vitivinicola che oggi conosciamo per la sua produzione di orange wine, è stata in realtà devastata dalla guerra e dai bombardamenti, per cui si dice che le colline si siano abbassate di sei metri rispetto alla loro origine.
Il lavoro di ricostruzione negli anni successivi al conflitto è avvenuto in maniera lenta e graduale, complici la povertà e le scarse possibilità dell’epoca, quando nessuno produceva solamente vino e si lavorava alacremente per autosostentarsi.
Il primo vero imbottigliamento avvenne per opera di Stanko, nel 1980.
L’azienda Radikon, quindi, fonda le proprie radici a partire da questa data, per quanto la storia familiare risalga a ben prima.
Precedentemente, infatti, erano coloni registrati nell’atto di compravendita del terreno. Ne ottennero i diritti di proprietà appena nel 1923, due anni dopo l’ufficiale annessione al Regno d’Italia. Solamente a partire dal 1950 l’azienda inizierà ad assumere una forma più strutturata e a produrre per sussistenza grazie all’orto, gli animali, la frutta e un po’ di vino sfuso.
Trovo sia fondamentale comprendere appieno il contesto bellicoso dal quale Oslavia non solo nasce, ma ri-nasce. Non a caso la ribolla, uva regina di questa terra, rappresenta un simbolo di speranza e di ripartenza. Fortunatamente, ci sono occasioni in cui dal passato qualcosa si impara. Grazie a ciò, ad oggi, il confine con la Slovenia non raffigura più una divisione tra paesi, quanto piuttosto un punto di unione tra culture. E se tanto c’è da raccontare riguardo alla famiglia e alla storia in senso ampio, ricordiamo che anche le viti hanno una memoria importante.
Tra gli ettari di terreno vitato, circa 27 ma dei quali davvero produttivi non più di 20, troviamo vigne che venivano lavorate dagli avi già nel lontano 1861.
Sia in vigna che in cantina hanno sempre adottato i principi dell’agricoltura biologica, rifiutando categoricamente l’uso di prodotti chimici e facendo ricorso unicamente allo zolfo e al rame. Negli ultimi anni hanno addirittura iniziato a studiare come utilizzare al meglio l’olio d’arancio, molto potente, per evitare il rame che, comunque, è un metallo pesante. Solitamente chi sceglie di impegnarsi tanto nella cura del suolo e dei suoi prodotti lo fa non per moda o per economia, ma per fede. Anche in questo caso, la scelta di seguire uno stile di vita sano ed etico va a pari passo con le forte volontà di salvaguardare le generazioni future e di assicurare loro un avvenire migliore. Proprio per questa ragione ritengo di poter utilizzare con criterio il termine “missione” per descrivere il costante moto anticovenzionale che porta l’azienda a produrre vini naturali unici, ma con un impegno sempre maggiore nel renderli comprensibili anche a chi non è solito consumarli.
In cantina tutti i vini, sia bianchi che rossi, vengono sottoposti a macerazione.
Da un anno a questa parte la scelta è stata quella di realizzare 3 linee. In primis la linea Pop, pensata appositamente per chi si avvicina a questa realtà per la prima volta e per la quale sono previsti 2 giorni di macerazione in acciaio. Poi c’è la linea S: qui i giorni di macerazioni vanno dagli 8 ai 10, con conseguenti affinamenti prima in botte e poi in bottiglia. Per la linea Blu, la più storica, è stabilito che le uve facciano 3 mesi di macerazione di media – con possibili variazioni in base all’annata – 3 anni di affinamento in legno e circa un anno e mezzo o due in bottiglia.
Nel caso della linea Blu non è prevista alcuna aggiunta di anidride solforosa, presente invece nelle altre due anche se in minima parte.
I vini rossi, d’altro canto, vengono realizzati in purezza e macerano per un mese per poi affinare 5 anni in botti piccole, sempre di rovere di slavonia, e poi in bottiglia.
Passeggiando tra le botti e osservando i dettagli della storica cantina scavata nella roccia, si possono individuare delle pareti di pietra grezza e umida, composte da calcare sciolto sotto forma di piccole stalagmiti ancora giovani e fangose. Si tratta della ponca, o flysh, il complesso di marne e arenarie stratificate che rappresenta una firma distintiva del sottosuolo della zona e che attribuisce le riconoscibili, importanti note saline all’uva.
Il percorso che ha portato alla produzione dei vini di Radikon per come li conosciamo oggi, è stato lungo e si è sviluppato un passo dopo l’altro tra tentativi, esperimenti e studio.
Quando nei primi anni 70 Stanko iniziò a vinificare in acciaio adeguandosi alle mode del momento e provando a sua volta ad utilizzare i lieviti e l’anidride solforosa, si rese conto che il risultato non lo soddisfaceva.
Affezionato alla scuola francese, invece, iniziò a studiare il corretto utilizzo del legno e acquistò – con le possibilità economiche di cui disponeva allora – le prime barriques e sperimentò la vinificazione in assenza di lieviti aggiunti. Facendo quindi di necessità virtù, riscontrò che i vini avevano più complessità e che, questa volta, la direzione poteva essere quella corretta.
Tuttavia, non ancora pienamente soddisfatto, nel ’95 decise di mettersi alla prova con la prima macerazione. Fu così che capì il potenziale della ribolla e decise di impiegare questo processo per tutti i suoi vini.
Oggi sono i figli Ivana e Saša, enologo, a portare avanti questa incredibile eredità e tradizione. Tuttavia, hanno scelto di apportavi qualcosa di personale e di più moderno, puntando su macerazioni più brevi.
La linea S, ad esempio, nasce nel 2009 in collaborazione con il padre, ma per un’idea di Saša di un vino che potesse essere introduttivo e un pò più convenzionale, ma che allo stesso tempo fosse unico e rappresentativo del loro progetto.
Insomma, i vini dell’azienda Radikon diventano così il perfetto veicolo per comprendere a fondo un messaggio di passione, rispetto, armonia e reciprocità.
Come mi suggerisce Ivana, d’altronde, spiegandomi il perché della macerazione “le bucce danno ma possono anche togliere. Per questo è importante trovare il perfetto range. É sempre una questione di equilibrio. É così che in ogni settore si garantisce il risultato migliore”.
Very Wine Confidential. Very Food Confidential.